Jerry Brotton ci conduce per mano in una griglia aperta di suggestioni, tracciando a sua volta una mappatura possibile dell'universo cartografico, nelle sue significative tappe storiche. "Come approccio scientifico, o studio coerente dei principi di realizzazione
delle mappe geografiche, la cartografia è molto recente; in particolare, la tradizione
del tardo ventesimo secolo ha inteso marcare fortemente le mappe con un elemento di unità ideologica. La geografia, qui, è stata subordinata alla
politica, strumento per sua natura parziale di rappresentazione del mondo." E ancora: "In La storia del mondo in dodici mappe (Feltrinelli, 2013) vorrei risalire ai valori fondanti, poetici e utopici, della
creazione delle mappe, in automatismi dell'immaginario che funzionano anche oggi. La prima volta che il nostro pianeta viene fotografato dallo spazio è nel '73, con la missione Apollo; quell'immagine trasforma la percezione collettiva del
mondo, ne rafforza una connotazione ambientalista. Tolomeo nel '500
cerca di immaginare come il mondo appare dal cielo; ma anche la
rappresentazione sinottica del globo offerta oggi da Google Earth contiene
elementi di astrazione, funzionali all'idea di un servizio di mappatura cristallina e interattiva fino al dettaglio. Guardate quel
globo verde e blu, rotondo e perfetto: manca l'ombra di una nube".
sabato 28 marzo 2015
Arriva il terremoto. L'Iran o l'onda sismica della rivoluzione possibile.
"Come esco per strada mi scontro con due ciuffi neri muniti di skateboard che si volatilizzano nel traffico. Da via Darband si riversa un'orda di pischelli e sbarbine. Il loro leader procede all'indietro battendo in alto a ritmo le mani. Gridano incazzosi e a squarciagola. Un ragazzo smanetta col cellulare, poi bisbiglia qualcosa nell'orecchio del leader che spicca un salto sul tetto di una Peugeot.
Tutti trattengono il fiato. Cosa avrà mai da dire?
– Ragazzi, ci siamo presi anche piazza Narmak! Abbiamo la città in pugno!
Scoppia un boato di urla e fischi, si mettono a saltare gridando a perdifiato. Le ragazze salgono in spalla ai ragazzi e alzando le mani scandiscono all'unisono: – Nostra è la città e la difenderemo! Costi quel che costi, non ci fermeremo!
Tre o quattro tizie più grandi saltano in mezzo alla bolgia e cominciano a dimenarsi come danzatrici del ventre, le sbarbine le imitano a ruota libera. Non ho parole, in questa città c'è gente svitata peggio di Arash! Se mi ci butto pure io, vedi che in un attimo abbassano la cresta… i fuoristrada della polizia circondano piazza Tajrish, un paio di elicotteri campeggiano sopra l'aiuola della rotonda. Evidentemente le prossime scosse arriveranno dal cielo." (da Non ti preoccupare, Ponte33, 2013)
Zona sismica per eccellenza, nei terremoti Teheran registra una singolare coincidenza d'effetti tellurici: la scossa scuote ogni forma e regola precedente, libera nei giovani onde empatiche di energia. E' lo spunto narrativo, in Mahsa Mohabali, per raccontare i fermenti di un giovanile scontento, forse raccogliere gli indizi di un'utopia.
Tutti trattengono il fiato. Cosa avrà mai da dire?
– Ragazzi, ci siamo presi anche piazza Narmak! Abbiamo la città in pugno!
Scoppia un boato di urla e fischi, si mettono a saltare gridando a perdifiato. Le ragazze salgono in spalla ai ragazzi e alzando le mani scandiscono all'unisono: – Nostra è la città e la difenderemo! Costi quel che costi, non ci fermeremo!
Tre o quattro tizie più grandi saltano in mezzo alla bolgia e cominciano a dimenarsi come danzatrici del ventre, le sbarbine le imitano a ruota libera. Non ho parole, in questa città c'è gente svitata peggio di Arash! Se mi ci butto pure io, vedi che in un attimo abbassano la cresta… i fuoristrada della polizia circondano piazza Tajrish, un paio di elicotteri campeggiano sopra l'aiuola della rotonda. Evidentemente le prossime scosse arriveranno dal cielo." (da Non ti preoccupare, Ponte33, 2013)
Zona sismica per eccellenza, nei terremoti Teheran registra una singolare coincidenza d'effetti tellurici: la scossa scuote ogni forma e regola precedente, libera nei giovani onde empatiche di energia. E' lo spunto narrativo, in Mahsa Mohabali, per raccontare i fermenti di un giovanile scontento, forse raccogliere gli indizi di un'utopia.
'35 morti', l' "antiromanzo" di Sergio Álvarez
"Voglio sentire il vento, aggiunse e si tolse i pantaloncini e la maglietta. Il reggiseno, nonostante fosse molto piccolo, era comunque grande per i suoi seni adolescenti, la brezza le scompigliava i capelli e aveva la pelle d'oca per il freddo. Ti prenderai l'influenza. No, sul fiume sono sempre andata nuda, sono abituata, disse, e riprese il remo. Preferii non guardarla più e mi misi a cercare una stella in cielo. Un attimo dopo si stancò, mi passò il remo e si sedette.
Era molto tardi, le cicale si erano zittite e la notte era tranquilla. Mi sentivo strano, le mani mi tremavano, mi pulsavano le vene e avevo l'uccello impaziente. In quel periodo scopavo poco, una volta al mese, forse una ogni quindici giorni, ma vedere Estrella mezza nuda, con la radio in braccio, che muoveva la testa al ritmo della musica, vedere la sua schiena scura ancora intatta e la stoffa delle mutande che si nascondeva nella carne delle natiche mi eccitò molto." (da 35 morti, La Nuova Frontiera, 2013)
Sergio Álvarez: "35 morti può essere definito in qualsiasi maniera. Si può anche dire che è un libro incompiuto e che si continuerà a scrivere per molto tempo, perché i personaggi che vi prendono parte hanno una vita propria, quasi indipendente. Qualcuno lo ha definito antiromanzo, forse per il fallimento del protagonista principale, ma allo stesso modo potrebbe definirsi romanzo storico o d’avventura o magari una riscrittura del feuilleton latinoamericano sotto forma di libro".
Era molto tardi, le cicale si erano zittite e la notte era tranquilla. Mi sentivo strano, le mani mi tremavano, mi pulsavano le vene e avevo l'uccello impaziente. In quel periodo scopavo poco, una volta al mese, forse una ogni quindici giorni, ma vedere Estrella mezza nuda, con la radio in braccio, che muoveva la testa al ritmo della musica, vedere la sua schiena scura ancora intatta e la stoffa delle mutande che si nascondeva nella carne delle natiche mi eccitò molto." (da 35 morti, La Nuova Frontiera, 2013)
Sergio Álvarez: "35 morti può essere definito in qualsiasi maniera. Si può anche dire che è un libro incompiuto e che si continuerà a scrivere per molto tempo, perché i personaggi che vi prendono parte hanno una vita propria, quasi indipendente. Qualcuno lo ha definito antiromanzo, forse per il fallimento del protagonista principale, ma allo stesso modo potrebbe definirsi romanzo storico o d’avventura o magari una riscrittura del feuilleton latinoamericano sotto forma di libro".
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