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sabato 28 marzo 2015

Arriva il terremoto. L'Iran o l'onda sismica della rivoluzione possibile.

"Come esco per strada mi scontro con due ciuffi neri muniti di skateboard che si volatilizzano nel traffico. Da via Darband si riversa un'orda di pischelli e sbarbine. Il loro leader procede all'indietro battendo in alto a ritmo le mani. Gridano incazzosi e a squarciagola. Un ragazzo smanetta col cellulare, poi bisbiglia qualcosa nell'orecchio del leader che spicca un salto sul tetto di una Peugeot.
Tutti trattengono il fiato. Cosa avrà mai da dire?
– Ragazzi, ci siamo presi anche piazza Narmak! Abbiamo la città in pugno!
Scoppia un boato di urla e fischi, si mettono a saltare gridando a perdifiato. Le ragazze salgono in spalla ai ragazzi e alzando le mani scandiscono all'unisono: – Nostra è la città e la difenderemo! Costi quel che costi, non ci fermeremo!

Tre o quattro tizie più grandi saltano in mezzo alla bolgia e cominciano a dimenarsi come danzatrici del ventre, le sbarbine le imitano a ruota libera. Non ho parole, in questa città c'è gente svitata peggio di Arash! Se mi ci butto pure io, vedi che in un attimo abbassano la cresta… i fuoristrada della polizia circondano piazza Tajrish, un paio di elicotteri campeggiano sopra l'aiuola della rotonda. Evidentemente le prossime scosse arriveranno dal cielo." (da Non ti preoccupare, Ponte33, 2013)
Zona sismica per eccellenza, nei terremoti Teheran registra una singolare coincidenza d'effetti tellurici: la scossa scuote ogni forma e regola precedente, libera nei giovani onde empatiche di energia. E' lo spunto narrativo, in Mahsa Mohabali, per raccontare i fermenti di un giovanile scontento, forse raccogliere gli indizi di un'utopia.

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