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sabato 13 aprile 2013

Stephen Greenblatt, la filologia e il grande romanzo della cultura


Ci sono filologi che tarano i propri strumenti come gli entomologi i microscopi, incrociano indizi a comporre un sovrainsieme di riferimenti che li spieghi e comprenda tutti, in un supertesto ricomposto dentro la grande scatola dell'erudizione; altri, oltre alla taratura degli strumenti del mestiere, si spingono ad "annusare" nei documenti indizi  di storie, di passioni e umori, ricavando da epoche lontane un corpo vivo di protagonisti e transiti visibili e meno visibili, con la polvere dei secoli spazzata via da un gioco di variabili umane a portata di cuore. A sentir raccontare Greenblatt delle traversie ultrasecolari di un testo “speciale" come quello del Rerum Natura di Lucrezio (S. Greenblatt, Il Manoscritto, Rizzoli, 2012), passato attraverso infinite vicissitudini dall'acribia di Poggio Bracciolini (che ne scoprì l'unica copia superstite) all'impatto su artisti e pensatori come Botticelli, Giordano Bruno, Montaigne e Shakespeare, fino a Freud e Einstein, gli incerti della filologia assumono la dimensione di un affascinante romanzo della cultura; e la filologia "incrocia" un reagente intellettuale formidabile per un continuo, inesausto riavvicinamento a noi stessi e alla nostra storia. In un Auditorium strapieno, applausi meritatissimi per uno studioso con una verve di grande affabulatore, ben coadiuvato dall'estro e la preparazione di Gilberto Sacerdoti.


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