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venerdì 4 aprile 2014

Arne Dahl e Oliver Truc, o le sfumature del giallo.

Il colore "giallo", in cose di narrativa, è un colore autoctono:  il riferimento cromatico alla copertina di una fortunata collana editoriale, infatti, si dissolve non appena mettiamo il naso oltralpe. I francesi lo chiamano roman policier, i tedeschi Kriminalroman, che abbreviano in Krimi. Gli anglosassoni parlano di detective fiction, mystery (o mystery story), di detective story o detective novel, crime o crime story. Fatto sta che attorno alle declinazioni nazionali del lessico, il genere "poliziesco" conosce innumerevoli varianti e articolazioni, sia nell'approccio generale alla materia che, più concretamente, nell'impostazione dell'architettura narrativa. Si è visto, con Massimo Carlotto, come lo strumentario del giallista possa usare la realtà come sfondo più o meno verosimile in funzione dello sviluppo fantastico della trama; oppure, rovesciando il rapporto, come l'intuizione di fantasia possa funzionare da esca dell'immaginario per rappresentare con precisione una data realtà sociale.

Tema ben presente nell'incontro con due giovani autori già affermatissimi nel genere, il francese Olivier Truc e lo svedese Arne Dahl. Il primo proviene dall'esperienza del giornalismo e proprio questo, rivela al pubblico di Incroci, gli genera una sorta di  deformazione professionale, nel far partire la narrazione da un dato rigorosamente realistico; per Truc la maggior difficoltà nel scrivere un giallo sembra risiedere nella concezione iniziale della struttura logica e, con essa, nella creazione dei personaggi. Rispetto a tale lavoro iniziale di preparazione, la scrittura risulta in fondo la parte più semplice, estensione esecutiva di un disegno rigoroso e vincolante. Per Arne Dahl, invece, conta molto di più la fase creativa che si lega al flusso di scrittura: il plot iniziale si riduce a un canovaccio, nel quale far attecchire e crescere i personaggi con ampia libertà d'azione, cui l'atto creativo non potrebbe rinunciare, un po' come il ricalco di un'irriducibilità del reale a qualsiasi schema preventivo; pulsazione scrittoria di un "ora e qui" in fondo sempre imprevedibile, nella vita e sulla pagina.

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