Varujan
Vosganian è un autore poliedrico. Nato
nel 1958 a Craiova, in Romania, da una famiglia di origine armena
emigrata dall’Impero ottomano dopo il genocidio del 1915, docente
universitario, scrittore e uomo politico, Vosganian, è
stato Ministro dell’Economia e del Commercio.
Scrive in lingua rumena, e non in armeno, perché, rivela a Incroci, "Non ho
mai visto un armeno ubriaco. Non credo sia possibile scrivere in una
lingua senza aver mai visto un suo parlante ubriaco, sarebbe un'astrazione".
Il
libro dei sussurri, Keller 2011,
Pubblicato nel 2009, ha ottenuto uno straordinario successo di
critica, tanto da essere considerato uno dei capolavori della
letteratura romena post-comunista, ed è il maggior successo
editoriale romeno degli ultimi dieci anni.
"Il
libro dei sussurri non
è un libro di memorie" ci dice l'autore, "poiché gli eventi ricordati nelle sue
pagine non sono i miei ricordi. Direi che è piuttosto la biografia
del XX secolo narrata da coloro che l'hanno vissuta.
Nel Libro
dei sussurri si trovano tutte le malattie di quel secolo: le guerre mondiali, il genocidio,
il totalitarismo, l'esodo e la ricerca vana di sé. Si tratta
prima di tutto della tragedia del popolo armeno, ma anche della
tragedia del popolo romeno, di tutti coloro che hanno subito la
storia, invece di viverla. E chi l'ha subita si ostina spesso a sopravvivere alla storia del vincitori, attraverso i libri; anche Dante era un vinto. Tutti i personaggi sono reali, gli
accadimenti che hanno vissuto sono reali e proprio per questo Il
libro dei sussurri appare
così inverosimile, proprio perché è reale. Non mi sarei
arrischiato a scrivere di tutto questo, se
non vi fosse stato un fondo di spietata realtà."
"Gli armeni che dopo la sconfitta hanno mantenuto la fede cristiana, in questo si fanno artefici della loro vittoria. Lo spirito di chi resta vivo a testimoniare la propria storia, non è misurabile in quantità... L'armeno Aznavour dice che si sente al 100% francese e 100% armeno, lo spirito non è una somma matematica di parti." E ancora: "In attesa del centenario del genocidio armeno, siamo in obbligo di riarmare pacificamente la cultura, lasciare testimonianze senza la pretesa di siglare conclusioni, ma lasciando nel lettore ogni capacità di giudizio. Perché l'olocausto è storicamente riconosciuto, e non altrettanto accade per il genocidio armeno?"
E prosegue: "Di fronte alle innumerevoli prove lasciate dall'olocausto, del genocidio armeno resta solo una pellicola di 3 minuti; le fosse comuni sono riemerse molto più tardi, e dei campi di concentramento turchi, pure provati e terribili, non c'è traccia diretta. La Turchia coltiva il negazionismo come motivo costituente della propria politica. Sei milioni di ebrei trucidati a fronte di un milione e mezzo di Armeni; non esiste un'aritmetica comparativa del sangue..." Vosganian, quando parla, soppesa ogni parola, sembra prendersi cura di ogni sillaba, perché non vada persa alcuna parte di senso. "Siamo ad un Festival che si chiama Incroci; e la vita è appunto una successione di incroci, di alternative. Bisogna pur scegliere fra tre posizioni: dimenticare, vendicarsi, perdonare.
La prima opzione implica la cancellazione, l'assenza di interlocutori. La rimozione del genocidio Armeno ha costituito un buon argomento, per i nazisti, un buon precedente sottratto alla storia per perpetrare il loro. La vendetta non è una soluzione, moltiplica la sofferenza; il sangue non lava il sangue. Resta il perdono; ed è la soluzione più difficile, perché ha bisogno di un interlocutore, e di comprendere i fatti fino in fondo, pur nel loro orrore".
E prosegue: "Di fronte alle innumerevoli prove lasciate dall'olocausto, del genocidio armeno resta solo una pellicola di 3 minuti; le fosse comuni sono riemerse molto più tardi, e dei campi di concentramento turchi, pure provati e terribili, non c'è traccia diretta. La Turchia coltiva il negazionismo come motivo costituente della propria politica. Sei milioni di ebrei trucidati a fronte di un milione e mezzo di Armeni; non esiste un'aritmetica comparativa del sangue..." Vosganian, quando parla, soppesa ogni parola, sembra prendersi cura di ogni sillaba, perché non vada persa alcuna parte di senso. "Siamo ad un Festival che si chiama Incroci; e la vita è appunto una successione di incroci, di alternative. Bisogna pur scegliere fra tre posizioni: dimenticare, vendicarsi, perdonare.
La prima opzione implica la cancellazione, l'assenza di interlocutori. La rimozione del genocidio Armeno ha costituito un buon argomento, per i nazisti, un buon precedente sottratto alla storia per perpetrare il loro. La vendetta non è una soluzione, moltiplica la sofferenza; il sangue non lava il sangue. Resta il perdono; ed è la soluzione più difficile, perché ha bisogno di un interlocutore, e di comprendere i fatti fino in fondo, pur nel loro orrore".
Nessun commento:
Posta un commento