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venerdì 27 marzo 2015

Ana Luisa Amaral, o la stupefazione dell'esistere

Uno sguardo attento alla tradizione occidentale, con un occhio di riguardo alla produzione anglosassone, accanto a vertiginosi riattraversamenti di Lucrezio: Ana Luisa Amaral utilizza un registro linguistico piano, a tratti quasi sommesso, su cui però all'improvviso può irrompere l'allegoria fulminante, o alzarsi l'ala di un lirismo dal respiro cosmico, sorprendentemente consonante con certe intuizioni "cosmopoetiche" del nostro Ennio Cavalli.





da La scala di Giacobbe, Manni editore, 2011:


andamento 4

Si calcola che
in cinque bilioni di anni,
appassirà : come una mela
in una soffitta al buio,
la luce che irrompe dalle travi larghe:
un luccichio molto fresco.

Quante vetrate soffiate dal tempo
consacrate dalla pioggia
per catturare il tempo?
Quante vetrate ci vorranno ancora?

Quasi quattro secoli fa
lui è salito qui

Alla finestra del tempo,
le civiltà sbocciano e muoiono,
crollano piano,
e altre vertigini
romperanno poi,
espanse in luce

ci ò che avanzer à di noi:
solo polvere di stelle:

In un caso felice:
forse un grano di polvere di questa torre,
forse un atomo
del suo colletto bianco (quello del ritratto)

a simulare una curva sinusoidale,
del suo sguardo
che gira intorno
ad un pianeta nuovo

Ricamato il filo delle stelle,
croller à il suono
in altre rotazioni

Allora forse il giovane atomo
testando il tempo
sar à anche lui semi-obbediente,
cornice di gas e luce
del prossimo andamento:
il quinto movimento –

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