"Fatale. Bastò una breve occhiata all'immagine per dare forma all'oscuro presentimento dei mesi precedenti. L'embrione era ricurvo come un anfibio, un occhio rivolto verso di lui. E quello sopra la coda del drago era una gamba o un tentacolo? "
Prima di leggere le righe iniziali del suo romanzo, La verità e altre bugie (Marsilio, 2015), con l'incipit della storia di Henry Hayden, il grande falsificatore, vero e proprio stratega della menzogna elevata a ragione di vita, Sasha Arango ci mette a parte di un dettaglio essenziale: "Piu' ci pensavo, alla frase d'apertura del libro, più non ne venivo a capo. L'incipit è un interruttore fondamentale, se non lo fai scattare rischi che poi il resto non si illumini. Ci ho pensato un anno intero. Alla fine ho scartato l'idea di una 'frase', e ho ripiegato su una parola sola, secca. Un po' come accade ne Lo squalo di Spielberg: all'inizio ti fa vedere il mostro tutt'intero, poi te lo nasconde per tre quarti di film, e lo ritira drammaticamente fuori alla fine. Una parola bastava, per condensare tutto, fartelo toccare all'inizio. Ed è Fatal. La strategia di Henry è fondamentalmente attendista, la sua più che pigrizia è tecnica dell'attesa, fatalismo tattico, dando il tempo alla realtà di smontarsi da sé".
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