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venerdì 12 aprile 2013

Yoko Tawada, la poesia, l' "incrocio di frequenze"


Più che incroci di lingue o di culture, per l'appuntamento conclusivo della mattinata all'Auditorium, si potrebbe parlare di “incrocio di frequenze”. Perché gli ultimi minuti finali dell'incontro con Yoko Tawada hanno regalato un fuori programma sonoro in due tempi, coesi nell'arco di un unico movimento di tesa suggestione: dapprima l'esecuzione di Yoko, a sorpresa, di un singolare componimento, in un pastiche fonetico giapponese – inglese, non traducibile in cuffia per palese inabilità di qualsiasi idea di traduzione, nel quale citazioni dal monologo d'Amleto infiltravano sillabe in un tamburellante pattern sonoro tutto nipponico, evocando il mistero dell'essere e non esser più di fronte alla tragedia dello tsunami. Poi l'esplosione di uno scrosciante, interminabile applauso, come di rado capita di udire a un festival di letteratura, e capita proprio quando la poesia compie il miracolo, assorbe a sua immagine e somiglianza l'alea di ogni confine di idioma o di ritmo, oltre ogni barriera. Grazie Yoko.
Yoko Tawada

2 commenti:

  1. Non conosco Yoko Tawada e leggendo l'articolo qua sopra mi dispiace davvero di non esserci stata, mi ha trasmesso, ed è cosa ormai rara, entusiasmo e stupore durante la presentazione di un autore o di un libro. Cercherò di sicuro libri di Tawada, mi incuriosisce molto la sua biografia e il suo lavoro.

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    1. Grazie davvero, ti confermo che è un personaggio straordinario; le sue riflessioni iniziali sul tema dell'esclusione, come fase inscindibibile da ogni processo di inclusione, a partire dal corpo, in ogni costruzione di identità individuale e sociale, è stata illuminante; non resta che leggere "Il bagno", a questo punto non c'è alternativa ;-)

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